“Con un peso di circa 270 Kg, Hector Garcia Jr. ha difficoltà nello svolgere normali attività quotidiane come lavarsi. Fa fatica a camminare lungo il corridoio che porta dalla sua camera da letto al bagno, così che sua madre Elena possa lavarlo dopo avergli tagliato i capelli…”.
Hector ha raccontato la sua storia sperando di poter aiutare altri, l’ha raccontata attraverso le immagini di Lisa Krantz, che descrivono le difficoltà e i limiti in cui sono costretti a vivere gli obesi di tutto il mondo.
Le foto di Garcia Jr e dei suoi ultimi quattro anni di vita da obeso, contenute nel progetto “A life apart: the toll of obesity” sono esposte al Festival della Fotografia Etica di Lodi, fino al 25 ottobre.
Organizzato dal “Gruppo fotografico progetto immagine”, con il contributo del comune di Lodi, di Lodi 2015-Living Expo, ed il patrocinio dalla provincia, il festival nasce nel 2010 con lo scopo di “approfondire contenuti di grande rilevanza etica attraverso un ricco programma di mostre di fotoreporter di livello internazionale”.
I numerosi workshop, gli incontri, le letture portfolio e le videoproiezioni, sono tesi a “indagare la relazione che intercorre tra etica, comunicazione e fotografia”.
Il cibo che uccide. “Per quasi tutta la sua vita Hector ha combattuto contro l’obesità grave e tutte le sue conseguenze: il dolore, la ridicolizzazione e la perdita di speranza, preso in giro e ostacolato da bambino, ha cercato conforto nel cibo da molto giovane”.
È proprio la sfera nutrizionale, tra cui spiccano le problematiche legate all’alimentazione, al cibo e alla sua produzione, la protagonista assoluta della manifestazione giunta alla sua VI edizione.
Lo spazio tematico “Il cibo che uccide” contempla quattro esposizioni, realizzate da altrettanti fotografi e finalizzate “ad alzare il sipario su realtà, spesso drammatiche, che coinvolgono uomini e donne in tutto il mondo”.
Le mostre in questo percorso fanno da contraltare alle tematiche proposte da Expo Milano 2015. Oltre a quella di Lisa Krantz, sono presenti “Under cane: a worker’s epidemic” di Ed Kashi, “El costo humano de los agrotóxicos” di Pablo Ernesto Piovano e “Terra Vermelha” di Nadia Shira Cohen e Paulo Siqueira.
Ho visto cose. “Tutto ciò che capita dev’essere conosciuto? Sì se è una notizia” la pensa così il fotografo Massimo Sestini a cui il festival dedica la retrospettiva “Ho visto cose” allestita nello “spazio approfondimento”: dai primi celebri scoop, fino al servizio sul barcone di migranti salvati al largo della Libia.
Nella stessa area espositiva anche “The Family” di Jocelyn Bain Hogg.
Non mancano quest’anno i reportage sociali commissionati da una serie di organizzazioni non governative ad alcuni fotoreporter, sia affermati che emergenti, tra le altre ong: il Cesvi con “Uganda land of hope” di Alberto Pinna e Medici senza frontiere con “Malnutrition In Boost hospital” di Paula Bronstein.
Altro da vedere? La sezione riservata ai vincitori dell’ultima edizione “World. Report Award/Documenting Humanity” e quella intitolata “Uno sguardo sul mondo” che contiene “Tra terra e nuvole – cronache dalla Grecia” di Francesco Anselmi, “Black days of Ukraine” di Valery Melnikov e “Where love is illegal” di Robin Hammond.