Brescia – Una grande mostra, dedicata a come gli artisti contemporanei utilizzano e trasformano i materiali nella loro opera, è allestita nelle sale del primo piano del MO.CA.
Scaturita da un’idea di Matteo Lorenzelli e curata da Ilaria Bignotti e Camilla Remondina, la rassegna propone oltre venti artisti di fama internazionale, sia mid-career che appartenenti alle generazioni attuali, dal Giappone all’Africa, dalla Cina alla Gran Bretagna, le cui opere sono finalizzate a far luce sulle declinazioni di materiali tradizionali e inusuali nel processo creativo, dal rame alle fibre tessili, dal pigmento puro alla plastica di riuso: utilizzata in modo innovativo, coerente, reiterato e in alcuni casi anche ossessivo, è la materia protagonista di questa mostra di respiro internazionale.
Il percorso propone anche alcune opere di artisti della prima metà del XX secolo, ritenuti “pionieri” delle ricerche sui materiali della contemporaneità, nell’ottica di offrire al pubblico una mostra di grande levatura e carica di spunti di riflessione.
Tra le opere da ricordare allora, quella di Nunzio, alchimista della materia con il suo modo unico al mondo di trattare i materiali organici, dal legno al gesso, ma anche il lavoro meticoloso e poetico dell’artista giapponese Chiharu Shiota, da poco celebrata al Palais de Tokyo di Parigi, la cui indagine si caratterizza per installazioni tessili composte di fili intrecciati ed elementi ad alto tasso simbolico e memoriale, dove la materia mette in luce “l’esistenza nell’assenza”.
Anche Sissi, artista bolognese di fama internazionale, lavora sull’annodamento, sul corpo e sulla relazione, dialogando puntualmente con Shiota.
Una notevole presenza in mostra è rappresentata dagli artisti internazionali che lavorano con il metallo: da Liu Ruowang, artista cinese che sa plasmare il bronzo in modo monumentale e mistico, ad Antonella Zazzera, artista che fa cantare la luce e vibrare le corde del rame, materiale d’elezione di ogni suo lavoro dove la materia si trasforma in energia pura.
Altre opere in mostra offrono la possibilità di osservare a quali livelli di sperimentazione siano giunti gli artisti con i materiali plastici e di natura industriale: in mostra è presente allora la ricerca di Serge Attukwei Clottey, artista ghanese che ha fondato un vero e proprio movimento e metodo di lavoro artistico e sociale: l’Afrogallonism.
Le taniche utilizzate per il trasporto di olio da cucina e di benzina, dismesse e disperse in colossali quantità nel suo Paese e spesso reimpiegate come contenitori per il trasporto dell’acqua potabile con le logiche conseguenze nefaste per la salute degli abitanti, diventano infatti materiale di reimpiego artistico e si trasformano opere monumentali, assemblate assieme a vecchi pneumatici, scarti di legname e sacchi di iuta.
La iuta è anche la materia d’elezione di Ibrahim Mahama, anch’egli artista di origine ghanese che con i sacchi di iuta realizza installazioni monumentali, per stimolare la sensibilità del pubblico nei confronti dello sfruttamento economico e della disparità sociale.
Il tema del riuso è presente anche nell’opera di Faust Cardinali che sceglie la resina polivinilica e mescola l’acrilico, il poliestere, il ferro, l’alluminio e con oggetti d’elezione e d’affezione, disparati attivatori d’immaginazione annegata nella materia. Si osservi anche la ricerca dello scultore Alberto Gianfreda, fatta da miriadi di frammenti di ceramica. Riutilizza la tela gommata, invece, Luca Caccioni, reinventando anche il pigmento della pittura; Albano Morandi interviene direttamente sulla parete con nastri adesivi colorati, striscia dopo striscia, rivestendo la superficie.
Più concettuale il lavoro di Michele Spanghero la cui materia è il suono, come nell’opera Ad. Lib formata da sei canne d’organo e da un ventilatore polmonare che reinterpreta la musica di Johannes Brahms al ritmo della respirazione artificiale.
D’altra parte, Jason Martin lavora in modo sperimentale sulla pittura, ponendola al bivio con la scultura e inventando ogni volta nuovi ritmi monocromi.
Uno dei temi principali che echeggiano in mostra è quello del tempo legato al processo di trasformazione dei materiali: che siano tentativi di eternizzazione della materia o icone del mutamento, le opere esposte continuano a indagare la trasformazione delle cose, il senso ineluttabile della loro fine; così fa Sophie Ko, artista georgiana che mescola ali di farfalle, pollini, pigmenti cromatici, immagini bruciate che diventano cenere, e Arcangelo Sassolino, indiscusso maestro dell’attesa e della tensione della materia, immagine di una potenza in atto.
Il progetto è corredato da un catalogo edito da lorenzelli arte con un saggio di Ilaria Bignotti, ricco di vedute espositive delle due mostre, in cui le opere degli artisti sono accompagnate da loro dichiarazioni, molte delle quali raccolte appositamente, e da una