venerdì 19 Aprile 2024

Onore ai cent’anni di Vincenzo Romanelli

Cent’anni: ricorrenza rispettata. Si concretizza, puntualmente, a Brescia, l’antologica desiderata, come preventivata in vita dal suo stesso protagonista, Vincenzo Romanelli (1922 – 2018), compianto artista bresciano, con radici familiari pugliesi.

Mostra d’arte visiva, con la proposta di numerosi manufatti dalle tecniche compositive più disparate: acquerello, pastello, colori ad olio, inchiostro di china, colori in acrilico e tecnica mista, oltre all’esemplificazione della matericità del filo di ferro e del legno, quali elementi costitutivi la versione anche fattualmente tridimensionale del frutto dell’espressività di questo autore.

Sede della mostra, realizzata per la cura di Mauro Corradini, è nella “sala del Romanino” della Associazione Artisti Bresciani, in vicolo delle Stelle 4, nel centro storico di Brescia, profilandosi con l’emblematicità del titolo scelto che risulta identico al giorno stesso dell’inaugurazione e cioè “22-10-22”, quale data coincidente al compiersi dei cento anni, assommatisi, nel tempo, alla nascita di Vincenzo Romanelli.

Da tale giornata, celebrata nel 2022, fino al due di novembre successivo, questa mostra osserva gli orari d’apertura che sono compresi dalle ore 16 alle ore 19,30, interessanti tutti i giorni, sia feriali che festivi, ad eccezione del lunedì.

Per l’occasione, è stato pure pubblicato il catalogo numero 270 per le edizioni dell’AAB, intitolato “Vincenzo Romanelli 22-10-22”, per la serie monografie di artisti bresciani, nella lunga e proficua tradizione, anche editoriale, di questo sodalizio di appassionati bresciani dell’arte.

La cura del catalogo è del critico d’arte Mauro Corradini e di Alessandra Romanelli, figlia dell’artista espositore, per la consulenza della quale, come pure di Corrado Venturini, è ascritto l’allestimento delle molteplici opere, presenti in questa antologica che è rappresentativa delle rispettive stagioni compositive, evocate nell’ampio spettro di una medesima titolarità di produzione.

Insieme a queste referenze familiari, nella manifestazione inaugurale hanno accompagnato il pubblico convenuto, all’incontro con questa iniziativa espositiva, sia il curatore, Mauro Corradini, che il direttore ed il presidente dell’AAB, rispettivamente Dino Santina e Massimo Tedeschi.

In tema della testualmente indicata “espansiva introspezione”, il presidente Massimo Tedeschi, offre una possibile lettura dell’artista in mostra, anche per il tramite delle pagine introduttive del catalogo accennato, principiando con lo specificare la cifra di una manifestazione concertata insieme al suo stesso personaggio principale, alludendo alla volontà dell’artista di essere ricordato con un’apposita esposizione, una volta segnato dal tempo l’avvenuta corsa di un secolo da quando era venuto al mondo: “(…) La mostra ha perciò il valore di un pegno testimoniale, di un’eredità sentimentale che gli eredi hanno voluto onorare. Ne dà conto la figlia Alessandra nel suo testo che arricchisce – anche emotivamente – questo catalogo (…)”, “(…) Da qui la sensazione che, nell’esporre un’antologia delle opere di Romanelli, noi finiamo per sfogliare le pagine di un suo diario intimo, un diario intriso di meraviglia e riflessioni, meditazioni cupe e accensioni poetiche. (…)”.

Una traccia d’insieme che pare condivisa anche da Alessandra Romanelli, nel precisare nella pubblicazione menzionata, fra altre interessanti considerazioni, che “(…) la sua esistenza è caratterizzata da una malinconia di fondo mescolata al gusto del bel vivere, alla passione per i viaggi e a pochi ma sinceri amici di tutta una vita (…)”.

Ancora, fra le pagine del supporto editoriale divulgativo, presente in mostra, è per mezzo dell’analisi del critico d’arte Mauro Corradini il modo in cui viene ulteriormente focalizzato il carisma creativo di Vincenzo Romanelli, a proposito del quale si precisa che “(…) Non è solo interessato a descrivere; accetta la sfida dello stupore, disegna per ritrovare dentro di sé la “meraviglia” dei luoghi. L’immagine parla all’animo attraverso la forza e l’equilibrio delle forme. E i paesaggi ci appaiono come esito lento, una interiorizzazione dello sguardo che si commisura sulla realtà, non soltanto per descriverla, ma soprattutto per dare forza espressiva all’iconografia. Il pittore si innamora e ci fa innamorare, spesso ritornando sulle medesime forme, che sembrano racchiudere la bellezza dell’eternità. (…)”.

(…) il paesaggio è il luogo reale e simbolico della sua visione del mondo. La vita, tuttavia, scorre oltre il paesaggio. Il pittore ha avvertito con grande sensibilità una realtà “altra”, diversa, che rimanda alla solitudine, alla sofferenza anche, alla sconfitta dell’uomo (…)”.

Una stima da retrospettiva che pare abbia già avuto una serie di conferme, entro tale accennata sintesi ricognitiva, come sembra emergere da parte di altri pubblici estimatori dell’artista, come documentato dalla pubblicazione “Vincenzo Romanelli 40 anni di pittura” di Mauro Corradini. Manlio Alzetta della “Voce di San Marco”, nel lontano maggio 1960, fissava in parole il volto espressivo di una percepita produzione figurativa, in relazione a “(…) Libertà formale, rapidità di stesura, sono due doti che danno la possibilità, a Romanelli, di creare cose di notevole ariosità. E’ un acuto narratore che sa cogliere l’essenza delle cose con il loro spirito di cose semplici che colpisco la fantasia del poeta (…).

A questo afflato di mediazione artistica sul reale osservato dall’autore, Antonino de Bono nel 1980 aveva, tra l’altro, attribuito la lapidaria definizione che “(…) Riesce ad esprimere, con caratteristica espressionistica, l’urgenza panteistica della natura per contrapposizioni cromatiche (…)”.

In una figurazione sfumata d’evanescente evocazione, a margine dei vari manufatti artistici di Vincenzo Romanelli, dove sembra, di potersi, pure, immergere nell’impronta inafferrabile di una contemplativa pacatezza stilistica che appare sfuggente nel divincolarsi da una marchiatura tassativa di imperiosa imposizione, pare contenutisticamente concorrere a rilanciare, tutta una fertile stagione di vita, anche la riflessione di senso significante che Luigi Salvetti, annotava, a proposito di questo artista, il 20 febbraio 1990: “(…) Cogliamo perciò la proposta pittorica di Vincenzo Romanelli come un esplicito invito alla contemplazione che è proprio la capacità di sostare sulle cose, con occhio attento e libero, perché ne nasca, lentamente ma irresistibilmente, una immersione nei significati e nelle allusioni. Allora, la natura appare grande, capace di evocazioni suggestive del dramma interiore dell’uomo, anche quando l’uomo sembra assente, mentre parlano sempre soltanto di lui i cieli e le piante, le pianure e le ombre, le nubi e le case (…)”.

Note sull'autore

LucaQuaresmini
LucaQuaresmini
Ha la passione dello scrivere che gli permette, nel rispetto dello svolgersi degli avvenimenti, di esprimere se stesso attraverso uno stile personale da cui ne emerge un corrispondente scibile interiore. Le sue costruzioni lessicali seguono percorsi che aprono orizzonti d’empito originale in sintonia con la profondità e la singolarità delle vicende narrate.

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