sabato 7 Dicembre 2024

Breaking the silence: basta violenza nello sport

Parma – Dopo l’accordo siglato con l’Arma dei Carabinieri, entra nel vivo, nel mese dedicato alla lotta contro la violenza sulle donne, il progetto Breaking the silence, messo a punto la scorsa primavera dal Rugby Parma in collaborazione con  Samantha Bernardi, psicologa dello sport, psicoterapeuta, psicologa dello sport e dottore di ricerca, specialista in Psicoterapia Cognitiva Neuropsicologica.

Rugby Parma Mental Lab è il 
Primo Osservatorio capitanato da una società sportiva focalizzato sullo studio della percezione e della comprensione della violenza in ambito sportivo. A differenza degli studi precedenti, che si concentravano sulla presenza e frequenza di comportamenti/atti violenti, questo progetto esplora la conoscenza che le persone possiedono del fenomeno ad ampio spettro.

Vi partecipano atleti, allenatori, dirigenti, familiari e tutti coloro che sono coinvolti nell’ambito sportivo. Grazie alla collaborazione con l’Università degli Studi di Parma, avremo inoltre la possibilità di ottenere un focus su come ragazzi e ragazze che non frequentano gli ambiti sportivi percepiscono il fenomeno.

Obiettivo è quello di offrire un numero sempre maggiore di progetti a supporto del movimento gialloblù.

Docente e coordinatrice della Commissione di Psicologia presso la scuola dello sport del Coni, la dottoressa Bernardi ha creato un progetto a 360° che comprende supporto allo staff, attività sulle dinamiche di squadra, mental training rivolto a tutti gli atleti per potenziare la performance a livello mentale o per affrontare determinate difficoltà, come un infortunio, o situazioni della vita che possono influenzare il rendimento in campo. E’ prevista anche un’attività di parent training sul ruolo genitoriale in ambito sportivo.

Per il director of rugby gialloblù Roland De Marigny, “Trovare un proprio equilibrio in qualsiasi situazione per non correre il rischio di perdersi, questo è lo scopo del laboratorio. Come club stiamo compiendo uno sforzo enorme a livello tecnico e fisico, con 4 o 5 allenatori e un preparatore atletico per ogni categoria. L’aspetto mentale è fondamentale per sentirsi bene anche fisicamente, per questo, viste le tante difficoltà che tra scuola e vita sociale i ragazzi devono affrontare, abbiamo scelto di coinvolgere Samantha che è esperta di rugby e che, oltre a seguire atleti professionisti, collabora anche con Giocampus. Oltre ad aiutarci con i ragazzi, sarà anche di supporto ai nostri tecnici perché imparino ad affrontare correttamente le dinamiche interne del gruppo squadra”.

Lo sportello di supporto psicologico sportivo è dedicato in particolar modo agli atleti delle categorie minirugby e juniores, ma vi potranno accedere tutti gli atleti della Rugby Parma.

Dagli inizi degli anni ’60, l’interesse e la preoccupazione verso l’ondata di violenza e abuso
sempre crescente nella società ha smosso governi, agenzie politiche internazionali e studiosi che hanno iniziato ad osservare il fenomeno in modo sempre più accurato, attuando campagne di prevenzione e progetti di sostegno e cura.

Solo alla fine degli anni ‘80 questo fenomeno ha cominciato a ricevere attenzione come oggetto di studio e discussione anche nel contesto sportivo.

L’idea che la pratica sportiva abbia effetti positivi sulla salute fisica e mentale,  sull’acquisizione di life skills necessarie per affrontare le sfide quotidiane e sulla socializzazione di bambini, giovani ed adulti, con sviluppo tipico e atipicoè ampiamente condivisa. D’altra parte, si è anche scientificamente dimostrato che lo sport produce effetti in termini di inclusione ed integrazione sociale per le persone svantaggiate, che è un
utile strumento per apprendere modalità per la gestione e la risoluzione di conflitti e che è un importante fattore protettivo per lo sviluppo di condotte antisociali, criminali e devianti.

Esiste però una vasta gamma di modi attraverso i quali la pratica regolare di uno sport può
influenzare la vita di un individuo, non sempre positivi. Ad esempio, mentre per la maggioranza dei bambini e giovani questa pratica si traduce in un aumento dell’autostima e del senso di competenza personale, per altri la presenza di alcune variabili, come la
violenza e gli abusi, possono interferire con il raggiungimento di tali risultati.

Inoltre, la presenza di qualsiasi forma di violenza può indurre gli atleti a considerare ed attuare l’abbandono dell’attività sportiva. Una ricerca del 2020 condotta nei paesi europei (ad esempio, Regno Unito, Paesi Bassi, Norvegia e in Canada rivela che fino al 75% dei giovani atleti è esposto a violenza interpersonale nella pratica del proprio sport.

In Italia nel 2023 il progetto di ricerca “Change the Game” ha per la prima volta stimato la
prevalenza di abuso di minori in ambito sportivo, raccogliendo un campione di 1446 soggetti di età tra i 18 e 30 anni. Tra i risultati emerge che il 39% dei soggetti dichiara di aver subito almeno una forma di violenza.

Le forme di violenza più diffuse sono quella psicologica (30%), quella fisica (19%),
quella legata ad atti di negligenza (15%) seguita da quella sessuale (14%). Per quanto riguarda il genere, hanno dichiarato di essere stati vittima di violenze il 40% degli uomini e il 37% delle donne.

Un dato interessante emerso dall’indagine riguarda i responsabili delle violenze, negli uomini essi sono stati identificati nei compagni di squadra: il 26% afferma di aver subito una forma di abuso da nuovi compagni di squadra, mentre il 37% da quelli già conosciuti. Il 35% degli atti perpetrati nei confronti delle donne è stato attribuito agli allenatori e alle allenatrici in qualità di responsabili.

Sebbene siano numerose le ricerche che esplorano il fenomeno della violenza attraverso
molteplici prospettive, poche indagini si sono focalizzate sul livello effettivo di conoscenza
riguardante tale tematica da parte degli atleti o degli attori considerati. È nostra convinzione che sia essenziale acquisire una comprensione approfondita del concetto di violenza e della sua manifestazione pratica, qualora l’obiettivo sia quello di contrastarne la diffusione.

In linea con la Safeguarding Policy, approvate dal CONI, contro le discriminazioni di genere, le violenze e le molestie sessuali, la prevaricazione fisica e/o psicologica e la carenza di rispetto per la sensibilità delle atlete e degli atleti promuovendo, il progetto vuole aumentare la consapevolezza sul fenomeno della violenza interpersonale e fornire gli elementi necessari per contrastarlo, a tutela delle vittime dell’intero mondo sportivo.

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