venerdì 26 Aprile 2024

Bresciani in bici a fine Ottocento

Ci si può immaginare il “don Matteo” della TV, senza bicicletta? E, Fernandel, nei panni del noto “don Camillo”, sconcerta qualcuno, quando, pure, lo si vede nei suoi film, in sella ad una due ruote?

Eppure, pare che ci sia stato un tempo in cui ai preti era indicato d’astenersi dall’uso della bicicletta, contestualmente al gravare di giorni ovviamente lontani dalle due produzioni cinematografiche accennate, per altro anche da decenni distanti fra loro, come tutti possono sincerarsene.

Si legge, a tal proposito, sull’allora quotidiano “Il Cittadino” del 30 agosto 1894, che: “I preti e la bicicletta. Nei passati giorni si è discusso dai giornali sulla convenienza che i preti possano usare la bicicletta”. Ecco ciò che scrive in proposito l’E.mo Card. Sarto in una lettera circolare diramata al clero della diocesi di Mantova. “…a mantenere la gravità ed il decoro sacerdotale, siccome in questi giorni è introdotto nei laici l’uso di una specie di veicolo a ruote detto velocipede o bicicletta, e si è diffuso a tal punto, che pare non si possa più vivere senza di esso; siccome questa novità minaccia di essere adottata anche da qualcuno del Clero, ordino che se ne astengano affatto gli ecclesiastici di questa Diocesi. I Chierici del Seminario, nell’atto che partivano per le vacanze, hanno sentito quali siano i miei pensieri su tale argomento, e prego, anzi, tutti i Molto Reverendi Parroci di avvertirmi, se mai nelle ferie autunnali alcuno dei Chierici contravvenissero ai miei ordini assoluti. Quello poi che ho proibito ai Chierici, sento il dovere di proibirlo con maggiore ragione ai Sacerdoti, perché a mio giudizio non vi è cosa, che tanto si opponga al decoro di un Prete quanto il vederlo a cavalcioni su quell’ordigno, che fa i pugni colla gravità che deve rendere rispettabile il suo ministero…”.

Tali onesti pronunciamenti vanno calati nel contesto della società di quella fine d’Ottocento dove, emblematicamente, per intenderci, sembra capitasse pure questo significativo fatto di cronaca riferito da “Il Cittadino”, nella stampa quotidiana bresciana del 14 settembre 1894: “Cose da medioevo. Ieri sera, verso le 6 ebbe luogo presso il Cimitero uno scontro alla sciabola fra due furieri del 90° fanteria. Ambedue rimasero feriti: naturalmente quello che lo fu più gravemente dovrebbe essere quello che aveva torto, se è il ferro che decide delle questioni. Altri due militari pure del 90°, invece, per venire alle conclusioni di un loro caloroso battibecco, ieri sera, si scambiarono una buona dose di pugni, arma più democratica e meno barbara della spada. Manco male”.

A margine di queste tendenze, a tutta evidenza percepibili come storiche incidenze, sopravviventi da epoche trascorse, ancora persistenti nel duello in un raggio di plurime e diversificate corrispondenze, mediante una soverchiante resistenza verso il corso di una ormai rivisitata coniugazione della vita rispetto al tempo allora incombente, coesisteva, comunque, il già affermato consolidarsi del volto di quanto era scodellato dalla “modernità” in divenire, anche a riguardo della stessa bicicletta, tanto è vero, ad esempio, che, in pari periodo settembrino, ancora, “Il Cittadino” del 3 settembre 1894, testimoniava una ingente adesione a tale mezzo, addirittura, nel frattempo, evolutosi, tra la gente, a strumento sportivo di competizione, pubblicando, fra l’altro, che: “Cronaca. Le corse ciclistiche di sabbato sulla pista del “Veloce Club Victoria”. Anche alle corse di sabbato grande folla. Fanno ottimo servizio le musiche dei Derelitti e di Borgo Trento. Alle 16 precise si dà segno della prima corsa. 1. Corsa internazionale, riservata ai velocipedisti della Provincia di Brescia, Bergamo, Verona, Mantova, Cremona, Como e Sondrio – metri 4000 – giri 8 – tempo massimo 7’ 20” – Entratura lire 3 – Premi L. 250. Al I° L. 100, al II° L. 75, al III° L. 50 al IV° L. 25, al V° medaglia d’argento. Corrono Tommaselli, Bruni, Nicolini, Foresti, Marchesi, Beccaria, Cittadini, Moreschi e Nuvolari. Arrivano nell’ordine seguente: Moreschi in 6, 58 e ½, Nuvolari in 6,29, Tommaselli in 6,29 e 1/4, Bruni in 5, 59 e ¾, e subito dopo Beccaria. Durante la corsa, per un sobbalzo della macchina, Marchesi cadde a terra riportando delle ferite. Anche Cittadini che gli veniva appresso dovette fermarsi e rinunciare alla gara. 2a Corsa decisiva della Corsa Internazionale libera ai primi quattro arrivati nelle batterie del giorno 30 agosto, – metri 5000 – giri 10 – tempo massimo 9’ e 30” – Premi L. 1000 al 1° L. 500, al 2° L. 250, al 3° L. 150, al 4° L. 100. Sono iscritti Herty, Nuvolari, Mareschi, Crocke, Coranda, Martin, Beccaria Attilio, Guilott. Nessuno degli iscritti manca. Arrivando Herty in 8,19 ¼ Moreschi in 8,19, Nuvolari in 8,19 ¼, Crocke in 8,19 1/2. 3a Corsa Victoria – Libera ai soci del Veloce Club Victoria che non abbiano vinto medaglie d’oro nella prima giornata di corso – metri 3000, giri 6 – tempo massimo 6 minuti – deposito L. 2. Premi, al Primo, medaglia d’oro, al Secondo, medaglia d’oro, al III ed al IV medaglie d’argento. Corrono Tommaselli, Verocai, Fori, Nicolini e Beccaria e giungono: Tommaselli in 5,13 ¼ Nicolini in 5,14, Fiori 5,14 ½ e Beccaria in 5,15. 4 Match per tandem fra la coppia italiana Ferrario Sauli e la francese Ceaurbe Deautreben Grotard. Sei giri. Posta L. 1000. La corsa riesce interessantissima. Vince la coppia italiana applauditissima. Giunse in minuti 4,57. (…)”.

In quell’ultimo lembo d’estate lontana, la bicicletta sfondava traguardi nostrani, inebriati dal vento contrastato in velocità, insinuandosi a vettore di ingaggio agonistico entro l’aria animata dall’incalzante rincorrersi di contrapposte corse in uno slancio che pareva conquista di libertà, misurandosi, indirettamente, oltre che con le capacità e la prestanza del proprio campione in sella, anche con certe resistenze, espresse in società, nei suoi stessi riguardi, a motivo del proprio utilizzo che tendeva a diffondersi, in una quotidianità stringente, per chi poteva permetterselo, pure, al di fuori del podio delle accennate spettacolarità attrattive, in linea con altrettante manifestazioni competitive.

Insieme alla voce di certe gerarchie ecclesiastiche che avevano ritenuto di intervenire su questo tema, pare ci fosse anche la scienza a poter dire la propria, sull’uso del “velocipede” tardo ottocentesco. La scienza medica, come, nel merito, divulgata dal quotidiano bresciano “Il Cittadino” del 18 settembre 1894, in una rosa di indicazioni, parimenti pubblicate, aveva dato materia per argomentare che: “Ora che il ciclismo va assumendo i caratteri di una vera epidemia, è utile sentire che ne dice la scienza nei rapporti dell’igiene. L’Accademia di Medicina di Parigi, tenne due sedute per considerare gli effetti patologici dell’uso della bicicletta. Il dott. Petit ha enumerato diversi casi di morte subitanea di ciclisti cardiopatici. Il dott. Daremberg ha citato un caso di tubercolosi provocato dalla bicicletta. I dottori Cadet e Cassecourt hanno condannato l’uso di questo veicolo nel caso di tubercolosi nei ragazzi. Dietro proposta del dott. Verneull si è deciso di istitituire una inchiesta sui pericoli del ciclismo e si è, intanto, adottata unanimamente la mozione che il permesso di usare la bicicletta si debba soltanto accordare dopo un esame medico. Il dott. Tissiè di Bordeaux che è un appassionato biciclista, presentò alla Societè de Biologie un’interessante studio intorno all’azione del velocipede sulle principali funzioni dell’organismo. Egli dice che il ciclismo è un eccellente esercizio, alla condizione che se ne faccia un uso moderato: usato così, può essere una buona cura per l’anemia, la clorosi, la scrofola ecc… La velocità non dovrebbe superare da 15 a 20 chil. all’ora. I fanciulli non devono usare del velocipede che dopo i 12 anni. In generale, poi, i medici che hanno fatto studi ed osservazioni in proposito sostengono che il ciclismo è pericolosissimo per chi ha tendenze alla malattie di cuore”.

Note sull'autore

LucaQuaresmini
LucaQuaresmini
Ha la passione dello scrivere che gli permette, nel rispetto dello svolgersi degli avvenimenti, di esprimere se stesso attraverso uno stile personale da cui ne emerge un corrispondente scibile interiore. Le sue costruzioni lessicali seguono percorsi che aprono orizzonti d’empito originale in sintonia con la profondità e la singolarità delle vicende narrate.

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