mercoledì 1 Maggio 2024

Le tre Pietà

Milano. Le tre Pietà di Michelangelo, nella forma dei loro calchi in gesso sono eccezionalmente riunite in uno spettacolare ed emozionante allestimento sino all’8 gennaio nella Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale. Un palcoscenico unico e irripetibile, tre lunghi teli, dispiegati per tutta l’altezza della sala e dal grande impatto visivo, faranno da sfondo alle Pietà amplificandone la forte valenza estetica e il senso religioso evocato dallo scultore in tre diverse fasi della sua vita. Ingresso gratuito.

Il calco della Pietà di San Pietro della Città del Vaticano fu realizzato nel 1975 all’interno del Laboratorio Calchi e Gessi dei Musei Vaticani da Ulderico Grispigni; l’occasione della sua realizzazione giunse in un momento drammatico per la Pietà ovvero l’atto vandalico del 1972 ai danni della scultura, che resero necessaria la preparazione di un nuovo calco.

Il calco della Pietà di Santa Maria del Fiore a Firenze, detta Pietà Bandini, conservato nella collezione della Gipsoteca fiorentina dell’Istituto d’Arte di Porta Romana, risale al 1882 circa e si deve al formatore fiorentino Oronzo Lelli.

Il calco della Pietà Rondanini fu commissionato nel 1953 al formatore milanese Cesare Gariboldi, allo scopo di determinare al meglio e in totale sicurezza, durante le prove di allestimento della statua in marmo, l’ubicazione ideale per la scultura, conservata dal 1952 nel Castello Sforzesco. Oggi esposto in mostra dopo una accurata pulitura, è conservato nei depositi del Museo d’Arte Antica.

In occasione dell’esposizione è stata promossa un’attenta ricerca documentaria e iconografica sulle tre Pietà, finalizzata a creare un racconto visivo in grado di presentare episodi della storia recente che hanno avuto per protagoniste le sculture michelangiolesche: restauri, allestimenti e trasferimenti immortalati da vive testimonianze come scatti e filmati d’epoca, provenienti da importanti archivi e fototeche italiane che hanno collaborato al progetto.

Da giovane Michelangelo realizzò la Pietà Vaticana, scolpendo in tarda maturità le cosiddette Pietà Bandini di Santa Maria del Fiore a Firenze e la Pietà Rondanini del Castello Sforzesco di Milano. Tali esempi raccontano la sensibilità raggiunta dal genio toscano nel corso della sua lunga vita: dal grandioso lavoro giovanile di impronta classicista, fino alla scultura non finita degli ultimi suoi giorni. Oltre sessant’anni separano la prima Pietà, la Vaticana, dall’ultima, la Rondanini.

A quella vaticana Michelangelo mise mano nel 1498, appena ventenne. Il contratto richiedeva esplicitamente “una Vergine Maria vestita con Cristo morto, nudo in braccio”. La scultura sprigiona una bellezza magniloquente, perfetta, in linea con la prima produzione del Maestro toscano. Rispetto al viso della Madonna ritenuto da alcuni troppo giovane, l’artista si difese, all’epoca, affermando che sono proprio la purezza e la santità a preservare gioventù e bellezza.

Alla produzione giovanile si affianca quella dell’età matura, che vede Michelangelo molto cambiato come uomo e come artista, in crisi al punto di voler abbandonare la scultura, sua ragione di vita fino ad allora. Il sentimento che domina questi lavori è totalmente differente, lo stile diventa meno ridondante in considerazione del destino umano della sofferenza, della morte e della resurrezione. Quando scolpì la Pietà Bandini, tra il 1547 ed il 1555, Michelangelo Buonarroti era già un uomo anziano che meditava spesso sulla fede, sulla passione di Cristo e sulla sua prossima morte.

La storia di questa Pietà è lunga e tormentata. Il marmo, pieno di impurità e troppo duro, non permetteva a Michelangelo di completare l’opera, e condusse l’artista a rompere un arto del Cristo e, successivamente, a prendere a martellate la statua rompendola in più punti.

L’ultima Pietà è la Rondanini, ora al Castello Sforzesco. Michelangelo lavorò su questo marmo fino a poco prima di morire. Nel “sublime non finito” dell’artista toscano si alternano parti concluse a parti non terminate o non lavorate affatto, in una composizione statuaria che – nelle parole di Luigi Serenthà – è capace di coinvolgerci “nel movimento inarrestabile del corpo del Cristo morto dentro il corpo della Madre”.

Il percorso espositivo vuole focalizzare agli occhi dei visitatori proprio questo, ossia il maturare dei sentimenti di uno dei più grandi geni della storia dell’arte, mostrando come un medesimo dramma possa raggiungere esiti così diversi, nelle mani di un artista immerso nel tempo e nel divenire dell’ispirazione.

Note sull'autore

Valerio Gardoni
Valerio Gardoni
Giornalista, fotoreporter, inviato, nato a Orzinuovi, Brescia, oggi vive in un cascinale in riva al fiume Oglio. Guida fluviale, istruttore e formatore di canoa, alpinista, viaggia a piedi, in bicicletta, in canoa o kayak. Ha partecipato a molte spedizioni internazionali discendendo fiumi nei cinque continenti. La fotografia è il “suo” mezzo per cogliere la misteriosa essenza della vita. Collabora con Operazione Mato Grosso, Mountain Wilderness, Emergency, AAZ Zanskar.

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