giovedì 18 Aprile 2024

Storie di gas e di energia nella Lombardia dell’800

Gas, preziosa risorsa energetica, considerata tale già nel remoto passato, in cui vi è traccia esplicita della sua stessa indiscussa utilità.

Anche nell’800, il riconoscimento della sua importanza effettiva, appariva, fra l’altro, sotteso alla ricerca di come procurarsi tale combustibile, se le attività estrattive denotavano un’intraprendente incidenza anche in luoghi, avulsi da più noti bacini estrattivi, dove, forse, non ci si aspetterebbe una resa del materiale utile ad una sua correlata pruduzione in quantità.

Una ricerca che, in tal senso, pare andasse a valorizzare le peculiarità geologiche di un dato territorio, al punto da tratteggiare quell’iniziativa che il “Giornale della Provincia di Bergamo” del 17 marzo 1837, procedeva a documentare, in un implicito segno di interessante corrispondenza con uno specifico investimento, giustificato da una certa qual promettente disponibilità del bene naturale che, di conseguenza, potesse garantirne una redditizia produttività: “Imperial Regia Delegazione Provinciale di Bergamo.

Avviso. Il Sig. Marchese Visconti d’Aragona ed altri, quali rappresentanti la società degli Scavi dei combustibili fossili, appoggiandosi a precedenti Superiori dichiarazioni contenenti la licenza già conferita di verificare in via di esperimento i tentativi e le ricerche dirette alla scoperta dei combustibili fossili in tutta l’estensione del Regno Lombardo- Veneto, hanno presentato a questa Delegazione, istanza all’oggetto di ottenere per 50 anni l’investitura regolare del diritto di attivare l’escavazione del suddetto combustibile fossile nel Distretto di Alzano, in territorio di Nese e Lonno, e precisamente nell’area quadrata segnata in apposito tipo da Burro Granella e Grumello Govella.

In esecuzione, pertanto, dal disposto nell’articolo 18 del Decreto 9 Agosto 1808, si deduce a pubblica notizia la premessa domanda, invitando chiunque credesse, per un qualunque motivo di far eccezione, o di contraddire, a presentare analogo documentato reclamo, al protocollo di questa Imperial Regia Delegazione, dentro il perentorio termine di tre mesi dalla data del presente Avviso, spirato il quale non si avrà più alcun riguardo a qualsivoglia pretesa o titolo di anteriorità di diritto. Bergamo, lì 2 marzo 1837.

Il Consigliere di Governo I.R. Delegato Provinciale, Bossi, L’Imperiale Regio Segretario Vimercati”.

Il perchè di questo darsi da fare in Lombardia, per l’estrazione del carbon fossile, lo si esplicita chiaramente nel “Giornale della Provincia Bresciana” del 28 gennaio 1838 dove, fra l’altro, in tema di questa risorsa, significativa del poterne ricavare gas, era parimenti scritto che “ (…) possediamo nel Regno Lombardo-Veneto nientemento che 14 specie di ottimo combustibile le quali possono essere appropriate ad industrie speciali. Una di queste si vede ardere come se fosse superiore alle migliori qualità dè Condleloal inglese.

Lo scavo di questa specie basterebbe per illuminare col gaz tutta l’Italia e noi stiamo colle mani sulla cintola!”. Ancora, a proposito della natura del territorio a cui tale stima era rapportata, anche l’edizione del “Giornale della Provincia di Bergamo”, pubblicata il 19 gennaio 1841, forniva, indirettamente, analoghe indicazioni, procedendo, nel merito del testualmente intitolato, “Cenni sopra un banco d’argilla conchiliacea marina recentemente osservato nella Provincia di Bergamo”, a firma del geologo milanese Giulio Curioni (1796 – 1878), secondo cui, “L’incidenza del mare nelle nostre contrade, alla base delle appendici delle Alpi, in un periodo geologico assai prossimo all’attuale, e dopo che i monti nostri avevano già assunto il presente loro profilo, è attestato non solo dalle marne contenenti conchiglie marine, che trovansi a settentrione di Varese, ma ben anche da un deposito di fanghiglia marina, assai simigliante alle marne azzurrognole, conchiliacee, che vedonsi sommamente copiose lungo la catena degli Appennini, il qual deposito non venne per anco dai geologi indicato.

Esso trovasi a poche miglia da Bergamo, nella valle del Grumello, presso il comune di Nese, e venne riconosciuto in conseguenza delle indagini che si fecero in què contorni per rintracciare combustibili fossili.

La giacitura geologica di quel deposito di fanghiglia marina è, a mio avviso, assai più interessante che non i depositi da lungo tempo noti nei contorni di Varese (…)”. Ciò che del carbon fossile, già a quell’epoca, utilizzato per produrre gas, emergeva, invece, dalla “Gazzetta Provinciale di Brescia” del 28 gennaio 1853, propendeva per quella, comunque, interessante disponibilità estrattiva che andava ad interessare ancora il territorio locale in questione, inteso nell’allora Lombardo- Veneto, a margine di un periodo in cui ci si riferiva, appunto, in stampa, alla “Industria del ferro ed estrazione del carbon fossile. I seguenti particolari sono ricavati da un rapporto del signor Francesco Friese pubblicato dall’Osservatore Triestino: il lavoro del ferro ha triplicato in Austria da 25 anni. (….)

L’estrazione del carbon fossile si accrebbe di molto nel medesimo tempo; essa produsse nel 1823, 2.417.693 quintali; nel 1847, 14.893.362, e, nel 1848, 16.059. 916, non compresi gli scavi fatti nell’Ungheria.

Questo aumento è tanto più rimarchevole in quanto che la maggior parte delle miniere non sono mai state scavate ed alcune altre lo furono imperfettamente. Ecco, come è ripartita la produzione totale del 1847: Boemia, quintali 7.476.653; Moravia e Slesia 3.121.196; Austria al di sotto e al di sopra dell’Enns 1.639.100; Iliria e litorale, 927.555; Stiria, 871.444; Lombardia, 218.188; Dalmazia 185.561; Tirolo, 55.391; Gallizia, senza Cracovia, 35.588”.

Il nesso fra il carbon fossile ed il gas, era oggetto, invece, di un altro contributo di lettura proposto dalla “Gazzetta Privilegiata Provinciale di Brescia” del 3 gennaio 1847, secondo la quale “(…) Si è riconosciuto come regola generale che, in qualunque luogo sieno corpi contenenti idrogeno e carbone si può preparare il gas atto all’illuminazione. Tutte le materie vegetali ed animali e qualcuna anche delle minerali ci danno tali condizioni, e perciò forniscono all’occorrenza questa sostanza illuminante.

I chimici adunque si studiarono di trarla da quei corpi in cui la presenza di questi due elementi più si riscontrava e la cercarono dapprima al fango di mare contenente residui organici, al tan, e quindi alle acque saponifere, all’olio, alle resine e finalmente al carbon fossile (…)”.

A supporto di quanto, già all’epoca, era necessitato, per dare congrua e comprensibile alimentazione alle pertinenze dei servizi che si avvalevano di tale onerosa forma radiante di un’ingegnosa soluzione, era, al tempo stesso, spiegato che “(…) Il carbone di terra o fossile adunque è la sostanza adoperata di preferenza alla fabbricazione del gas, ed è sotto il punto di vista economico che ha tale preferenza.

In appositi cilindri di ferro fuso, chiamati storte, chiusi ermeticamente nella parte inferiore e comunicanti con un tubo nella parte superiore, esposto esso all’azione del fuoco e ad una temperatura di 900° a 1000° in forni a ciò preparati, se ne opera la distillazione e il carbone di terra decomponesi in altre sostanze delle quali alcune restano depositate nei cilindri, come il coke, altre, rese volatili s’innalzano nel tubo soprapposto ai cilindri e si distinguono in acqua impregnata di sali ammoniacali, in valori combustibili che si condensano a poco a poco fino alla consistenza, producendo il catrame e in gaz consistenti in idrogeno più o meno carbonato, ossido di carbonio, acido carbonico, acido idrosolforico, e solfuro di carbonio in vapre prodotti tutti che variano in ragione della composizione dei carboni fossili. (…)”.

Note sull'autore

LucaQuaresmini
LucaQuaresmini
Ha la passione dello scrivere che gli permette, nel rispetto dello svolgersi degli avvenimenti, di esprimere se stesso attraverso uno stile personale da cui ne emerge un corrispondente scibile interiore. Le sue costruzioni lessicali seguono percorsi che aprono orizzonti d’empito originale in sintonia con la profondità e la singolarità delle vicende narrate.

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