giovedì 5 Dicembre 2024

“The House of Life”: un sogno diventato Vita

Alfianello, Brescia – “Se anche una sola vita, una soltanto, sarà salva, allora ne sarà valsa la pena.”
Lo ricordo come fosse ieri. Bethlehem (Uganda), estate 2022. Una donna in pieno travaglio, sfinita, tra le lacrime ed in preda ai dolori del parto, viene accompagnata fuori dalla baracca nella quale vive e caricata su una moto, aiutata a sorreggersi da due persone. La speranza, mi dice il giovane a cui chiedo conto di quel che sta accadendo, è quella di raggiungere l’ospedale più vicino per salvare lei e la nuova vita che sta nascendo.

Qualcosa è andato storto durante il travaglio, iniziato su un vecchio materasso adagiato in un angolo del suo capanno in mattoni e lamiera. “Il bambino purtroppo non ce l’ha fatta”, mi diranno giorni dopo.

“Qui il tasso di mortalità è ancora molto alto: la nostra comunità avrebbe necessità di una piccola struttura per accogliere mamme e neonati” mi confida Cosmas, parroco di Bethlehem, mentre poggia una mano sulla mia spalla e cerca di arginare la tristezza che legge nei miei occhi.

Io, che in quel momento sarei voluto solo sparire. Sarebbe bastato così poco perché quella piccola vita fosse salva.
“Se anche una sola vita, una soltanto, sarà salva, allora ne sarà valsa la pena.”

È un martedì di aprile del 2023 quando, grazie al contributo di Cuore Amico e al sostegno di Cassa Padana, intorno al vecchio dispensario di Bethlehem iniziano i lavori per la realizzazione di una piccola nuova maternità. Un sogno che diventa realtà. “The House of Life”, si chiamerà: La Casa della Vita.

Settembre 2024. Sono tornato a Bethlehem, nel villaggio della polvere e della gioia. Lungo il sentiero che costeggia la scuola primaria e che conduce alla collina di Najjinga, passeggiando con Maurine ed il suo piccolo Jerome, la scorgo: la Casa della Vita. È un minuscolo seme di vita, composto da una sala parto attrezzata con un ecografo, una saletta pre e post parto, un bagno, un magazzino ed il salone con una decina di posti letto.

Sarà un luogo dove tutte le mamme in attesa potranno trovare ciò di cui hanno bisogno per
partorire in tutta sicurezza e dove verrà garantito l’accesso ad un’assistenza sanitaria, seppur minima, anche alle piccole vite che lì vi nasceranno. E in accordo con loro le famiglie, questo luogo di vita è stato dedicato alla memoria di Andrea Bulgari e Diego Pini, due compagni di classe di Alfianello che hanno terminato troppo presto il loro percorso tra noi.

Così, ancora una volta, davanti a ciò che la generosità della gente riesce a costruire, la mia anima scoppia di gratitudine. La stessa gratitudine che ho letto negli occhi del personale che opererà nella maternità, quando ho consegnato loro i tantissimi vestitini per neonati che molte persone mi hanno donato.

“Ti preghiamo: ringrazia con tutto il cuore ognuno di loro!” mi hanno ripetuto ogni giorno Therese e Passy, le ostetriche referenti. “Non mancherò”.

La stessa gratitudine che ho letto negli occhi della madre del piccolo Vincent, che al termine dell’inaugurazione voleva inginocchiarsi per ringraziarmi. “Questo è un dono immenso per il nostro villaggio”, mi diceva commossa. Ci siamo abbracciati e mi sono seduto vicino al suo piccolo: “Questa vita è il vero dono”, le ho detto.

È in questi momenti che ricordo quanto sono fortunato, spesso così tanto da sentirmi colpevole. Forse è per questo che sento che quel che faccio non è mai abbastanza. Che potrei fare di più. Che qualcosa che non ho per me è spazio e tempo in più per qualcuno che ha necessità. Questa cosa per me diventa spesso un tormento: “Se anche una sola vita, una soltanto, sarà salva, allora ne sarà valsa la pena.”

Nel pomeriggio di giovedì 26 settembre, il giorno dopo l’inaugurazione, la House of Life ha accolto la sua prima nuova vita: Joy Anne, una bellissima bambina di oltre tre chili. Ero seduto là fuori, quando ho sentito il suo primo pianto. Sono andato ad abbracciarla e ho lasciato alla sua giovane madre qualche vestitino ed un breve messaggio: “Grazie.”

Credo che questa vita abbia ancora tanto da insegnarmi. Ho stampata nella testa questa frase: “Un giorno, quando non ci sarai, rimarrà di te quello che hai seminato”. Non so cosa resterà di me in questo mondo, così come non so se ho seminato bene. Penso spesso che vorrei essere una persona migliore. Ma oggi chiedo solo questo: che questo minuscolo seme, questa casa, che da speranza è diventata Vita, possa riuscire a confermare il mio sogno più grande: “Sì, ne è davvero valsa la pena.”

La realizzazione della House of Life è stata possibile anche grazie alla raccolta fondi Ogni Uno di Noi avviata dai dipendenti di Cassa Padana. L’iniziativa ha permesso di acquistare  un ecografo per il reparto neonatale.

 

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