mercoledì 8 Maggio 2024

Un mito fragile

Canyon del Verdon, Francia. Vertigine! E’ la prima sensazione che ti assale, poi arriva stupore e meraviglia, lo sguardo si perde nell’immensità del panorama e si trattiene il fiato quando precipita nel fondo dell’immensa gola levigata in una roccia di bianco calcare purissimo in un susseguirsi di angoli di impressionante bellezza.

Il Gran Canyon del Verdon è un luogo di fascino estremo, un susseguirsi di emozioni superlative in una natura perfetta. Sul fondo del  mare primordiale dei dinosauri si sono accumulati un migliaio di metri di gusci di molluschi, poi due impareggiabili architetti: ghiaccio e acqua, hanno disegnato le profonde gole del canyon del Verdon, il più imponente d’Europa.

Ci puoi tornare cento volte in questo luogo, ma il suo fascino non cambia. Lasciarsi stregare è facile, complice il Mistral, il vento che sostiene il volo dei rapaci e trasporta una miscela eccitante di profumi, di essenze di lavanda, di macchia mediterranea e di un mare antico divenuto montagna.

Le falesie vertiginose del canyon, negli anni ’80, sono state il regno di Patrick Edlinger, re dei climber, icona dell’arrampicata moderna. Bello, alto, biondo, un concentrato di muscoli scolpiti come in una statua greca in un corpo che sembrava esonerato dalle regole della gravità. Arrampicava con tale grazie e leggerezza da far invidia ai ragni. Non era difficile vederlo, a sera quando non era in parete, bazzicare tra le viuzze de La Palud, il piccolo villaggio immune dalla modernità al centro degli strapiombi rocciosi, dove Patrick viveva da anni.

A questo mio ritorno al canyon del Verdon  Patrick Edlinger non c’era più, se ne era andato da un anno e mezzo, per ironia della sorte scivolando dalle scale della sua casa a La Palud, probabilmente annebbiato dall’ennesimo eccesso d’alcol. Sembra impossibile, ma è andata così! Patrick prima che dalle scale è scivolato sul suo stesso mito.

Nato nel giugno del ’60 in un villaggio dei Pirenei, Patrick Edlinger mette le mani sulla roccia a 8 anni, sarà poi la sua “raison d’être” che quindici anni dopo lo porteranno ad essere il mito dell’arrampicata. Mentre negli USA i californiani si dimenavano sui sassi cercando nuove forme di arrampicata, Patrick Edlinger sfidava il mondo verticale da solo, slegato, diventando un mito per almeno una generazione di arrampicatori. Ha costretto l’inamidato mondo dell’alpinismo, con la sua grazia e leggerezza sulla roccia, a rileggere un nuovo modo di approcciarsi all’arrampicata e soprattutto a rivedere la scala dei gradi di difficoltà.

Patrick, dorso nudo e pantaloncini corti, poco materiale e un allenamento da ballerino, sale su lisce pareti appeso a microscopici appigli, chiama le sue vie con nomi stravaganti, spezza l’ottusa chiusura dell’alpinismo classico e “inventa” l’alpinismo moderno. Il “suo alpinismo” ha fatto scuola rendendo l’arrampicata sportiva molto di più che un semplice gesto atletico.  Sarà il vincitore incontrastato delle prime gare d’arrampicata sportiva.

Carattere aspro era l’incarnazione del divo, perfetto nei ruoli dei film “La Vie Au Bout Des Doigts (La vita in punta di dita) e nell’indimenticabile Opéra Vertical, entrambi del regista Jean-Paul Janssen, che l’hanno reso famoso nel mondo, sono ancora oggi  film cult per i sogni di generazioni di climber.

Ma il tempo passa, inesorabile, gli anni non fanno sconti nemmeno al re dei climber. Dopo un accidentale caduta dalle pareti dei Calanques, vicini al Verdon, per Patrick inizia il declino e poco dopo i primi eccessi con l’alcol. Non ha saputo reggere il suo stesso mito. A La Palud sul Verdon è rimasto tutto uguale: il villaggio, i due campeggi, la panettiera, il bar ritrovo di arrampicatori e appassionati di kayak, “Pepinò” che fa pizze in una piccola roulotte in piazza, ma il resto del mondo è andato veloce creando e dimenticando i miti moderni.

Chissà se i ragazzi che entrano nel minuscolo negozio, che pare un sottoscala, stipato di sofisticato materiale di arrampicata, sanno chi era e chi è stato Patrick Edlinger o se per loro è solo il nome accanto alle vie più difficili del libro dell’arrampicata sulle pareti del Verdon.

In fondo non è difficile capire la “raison d’être” che animava l’animo di Patrick Edlinger, basta venire al canyon del Verdon, affacciarsi alle pareti strapiombanti nel vuoto, sentire il fragore delle rapide delle acque color di giada sul kayak o semplicemente sedersi su uno sperone di bianco calcare e respirare il Mistral che sferza a tutto fiato con la sua miscela seducente di profumi provenzali tra le spire del canyon e fischia il canto delle sirene di Odisseo.

Note sull'autore

Valerio Gardoni
Valerio Gardoni
Giornalista, fotoreporter, inviato, nato a Orzinuovi, Brescia, oggi vive in un cascinale in riva al fiume Oglio. Guida fluviale, istruttore e formatore di canoa, alpinista, viaggia a piedi, in bicicletta, in canoa o kayak. Ha partecipato a molte spedizioni internazionali discendendo fiumi nei cinque continenti. La fotografia è il “suo” mezzo per cogliere la misteriosa essenza della vita. Collabora con Operazione Mato Grosso, Mountain Wilderness, Emergency, AAZ Zanskar.

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